Buongiorno Amici dei Libri e buon venerdì!
Questa settimana sono stata un po' assente ma ho continuato a leggere cose belle, di cui oggi vi parlo. Come per ogni incipit di recensione, ringrazio Fazi Editore che mi propone sempre libri interessanti da leggere in anteprima, come in questo caso.
Il libro di cui chiacchieriamo oggi non è un romanzo, bensì una raccolta di racconti che mi convinta definitivamente a dedicare molto più tempo a questo genere, spesso sottovalutato ma che regala delle forti emozioni, se gestito con maestria come fa Angela Carter.
Scomparsa al culmine della sua carriera, dotata di un estro narrativo magico e irraggiungibile, Angela Carter ha scritto romanzi e racconti, e sono stati proprio questi ultimi a consacrarla come una delle autrici più talentuose del ventesimo secolo.
Nell’antro dell’alchimista – diviso in due volumi di cui questo è il primo – raccoglie la produzione migliore di un’autrice fondamentale. La camera di sangue, secondo Salman Rushdie il capolavoro per cui verrà sempre ricordata, è una serie di bellissime fiabe in chiave moderna, libere riscritture di quelle classiche, in cui l’autrice sbeffeggia gli stereotipi di genere affidando alla figura femminile le redini della storia, donandole un erotismo inedito e conducendola verso un finale vincente rimaneggiato in chiave ironica. Fuochi d’artificio nasce invece dall’esperienza dell’autrice in Giappone ed è il punto di svolta nella sua produzione, nonché il momento in cui il tema del femminismo diventa centrale: «In Giappone ho imparato cosa significa essere donna e mi sono radicalizzata».
Ai tesori custoditi all’interno di questa magistrale raccolta Angela Carter ha affidato il proprio testamento stilistico, servendosi di una scrittura raffinata, barocca, a tratti ermetica e costruendo una nuova mitologia femminista con cui condurre un’acuta analisi della società che supera le barriere del tangibile e penetra i meandri dell’immaginazione. Queste pagine, semplicemente, sono la testimonianza di una perdita incolmabile per la letteratura
Angela Carter ha già avuto modo di dimostrare, nel nostro Paese, le sue indubbie doti narrative con opere come "Notti al circo" e "Figlie sagge", entrambe edite da Fazi Editore e che hanno riscosso un grande successo. Con "Nell'antro dell'alchimista" il lettore intraprende un nuovo viaggio, un'avventura alla scoperta di un mondo diverso dal precedente ma che è sempre parte dell'anima dell'autrice. Spesso mi trovo a cercare metafore adatte a descrivere le sensazioni che un'opera, uno stile di scrittura, una storia mi fanno provare quando li incontro: questo è il caso di definire i racconti di Angela Carter come schiaffi, alcuni violenti altri quasi guidati dall'affetto, che arrivano puntualmente, alla fine di ogni narrazione. Ho vissuto così la prima parte dei racconti di questa donna, che ha voluto portare se stessa e le sue emozioni tra le pagine dei suoi scritti.
Nell'antro dell'alchimista è il primo di due volumi che l'editore ha deciso di realizzare, raccogliendo tutti i racconti scritti dalla Carter prima della dipartita. È stata adoperata una scelta strutturale che suddivide in tre grandi gruppi gli scritti, seguendo una logica che comprende sia l'argomento che il periodo storico in cui sono stati redatti. Penso che questo permetta una maggiore empatizzazione con l'autrice e sono stata felice di poter scoprire qualcosa in più su di lei. Le tre macro-categorie che racchiudono le storie sono tre, di cui una più scarna che vede protagoniste le prime opere realizzate cronologicamente, la seconda e la terza, più "popolate", che vedono rispettivamente protagonisti il Giappone, Paese cui l'autrice era molto legata, e le fiabe classiche.
Certo è che, a primo impatto, qualcuno potrebbe pensare che non sia poi così originale rielaborare fiabe classiche in chiave personale e originale: sbagliato.
Angela Carter non ha solo "rielaborato" storie scritte da altri utilizzando la propria chiave di lettura, ha attribuito ai racconti atmosfere inedite, ribaltando quasi totalmente l'idea che era stata precedentemente fornita su alcuni personaggi molto conosciuti e realizzandone degli alter-ego arricchiti con tratti inquietanti e, a volte, macabri, rendendoli davvero, davvero interessanti.
Diverso è il lavoro applicato ai racconti incentrati sul Giappone e sulla sua cultura: solo apparentemente meno particolari, pongono l'attenzione su temi chiave propri del Paese e dei suoi abitanti, sempre senza dimenticarsi la struttura, che mi sento di definire "crescente". Con un misto bipolare tra ordine maniacale e confusione totale, Angela Carter guida il lettore attraverso atmosfere solo apparentemente equilibrate e pulite, permettendogli di interrogarsi sul punto di cui realtà e finzione si incontrano, scambiandosi di posto.
Arriviamo così alla prima categoria di racconti, che ho lasciato appositamente per ultima poiché è decisamente quella che ho preferito su tutte: oggettivamente slegati l'uno dall'altro, gli scritti che "introducono" la raccolta sono brevi e incisivi, davvero capaci di segnare il lettore nel profondo, grazie alla loro particolarità e con l'uso di un irresistibile "effetto sorpresa". Il primo di essi, "L'uomo che amava un contrabbasso", può essere secondo me tranquillamente definito come un vero e proprio apripista, che fa intendere subito quale sarà il "mood" in cui ci si sta per immergere; il pizzico di follia che caratterizza i personaggi, abbinato all'estrema naturalezza con cui l'autrice utilizza e mette in fila le parole, non può non far innamorare chi ama lasciarsi stupire e perdersi, perdersi nel nulla senza nemmeno accorgersene.
A questo punto, spero di avervi incuriositi almeno un decimo rispetto a quanto io sia stata entusiasta di affrontare questa lettura, e vi invito a lasciarvi conquistare da un'autrice che sono convinta farà parlare di sé ancora per molti, moltissimi anni.
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