Il nostro usuale appuntamento con la rubrica del martedì è posticipato, per un motivo assai valido nonché interessante: ho avuto l’opportunità, grazie a Libri Mondadori, di rivolgere alcune domande a Stefano Brusadelli, autore dell’appassionante giallo di cui vi ho parlato più volte nell’arco del mese di maggio, “Gli amici del Venerdì”. Scopri di più!
Sono felicissima di aver avuto questa opportunità e di aver ricevuto delle risposte così particolari e appassionanti!
1. Rimango sempre estremamente affascinata dalla costruzione strutturale di un romanzo giallo, specialmente in casi come questo, dove gli avvenimenti vengono raccontati con una tale capacità da far sentire il lettore come se fosse parte della storia; quali ricerche ha effettuato per ottenere un risultato così realistico? Come ha reperito le informazioni che hanno permesso alla sua storia di sembrare tratta da fatti realmente accaduti?
"Tutti i romanzi nascono da un meccanismo di accumulazione. Accumulazione di sentimenti, di ricordi, di fantasie, di osservazioni; ma anche di narrazioni, di fatti veri o immaginari, che ci hanno colpito in modo particolare. La loro interazione è il prodigio che fa nascere un libro. Nel caso de “Gli Amici del Venerdì“, tali elementi (o almeno i più importanti), sono stati la straordinaria potenza del caso, le pulsioni segrete che nascondono le anime degli anziani, il fascino delle periferie romane, e infine - e qui credo di rispondere più precisamente alla domanda - la vocazione criminale del potere romano."
2. Quali sono i motivi che le hanno fatto decidere di ambientare la storia nella città dove è nato?
"Credo che si debba sempre ambientare le proprie storie in luoghi che si conoscono bene. La capacità di coinvolgimento che ha un libro dipende in gran parte dall’attendibilità della descrizione dei luoghi, e delle atmosfere. Degli odori, persino."
3. Il fattore che, fin dall’inizio, più mi ha colpita è la caratterizzazione dei personaggi: si può dire che si sia ispirato a persone che ha incontrato durante la sua vita?
"Ogni essere umano è un potenziale soggetto letterario. E i più interessanti sono proprio quelli che sembrano privi di stigmate “letterarie“. I miei personaggi nascono smontando e rimontando esseri umani che ho conosciuto. Nel senso che ognuno di essi è composto con pezzi “presi” da persone diverse, e poi rimontati."
4. Ho avuto modo di apprendere che, durante la sua carriera giornalistica, si sia occupato principalmente di politica: come si può relazionare, se si può, questo tema preponderante con la scelta di scrivere romanzi gialli?
"A parte che in questo romanzo la politica aleggia, il mestiere del giornalista e dello scrittore sono parenti stretti. In entrambi i casi si tratta di raccontare storie. Senza dimenticare che non si può fare buon giornalismo politico senza un’osservazione attenta degli esseri umani. Il modo in cui viene esercitato il potere, gli obiettivi che si perseguono, dipendono soprattutto dalla storia personale, dal passato, dalle letture, da ciò che insomma si nasconde nel fondo dell’anima."
5. Ci sono autori, classici o contemporanei, che hanno influenzato la sua decisione di scrivere romanzi, o che l’abbiano ispirata particolarmente durante la sua vita?
"Da giovane, come tanti, sono stato un lettore onnivoro. Se devo scegliere due autori ai quali mi sento debitore direi anzitutto Simenon, sempre pronto a ricordarci quanto male si nasconda dietro lo schermo della rispettabilità, e capace di evocare magistralmente la fisicità attraverso gli odori, i sapori, il clima. E poi Pasolini, secondo me sottovalutato come scrittore. Penso all’uso straordinario del linguaggio che diventa subito garanzia di verità della storia, e allo sguardo che posa sull’umanità emarginata: uno sguardo che è colmo di pietà, ma mai di pietismo."
6. C’è qualche suggerimento o consiglio che vorrebbe dare a chi desidera dilettarsi nell’arte della scrittura?
"Intanto dico: scrivete! Esiste in Italia, soprattutto tra i cosiddetti intellettuali, un atteggiamento che si condensa nell’ormai arcinoto giudizio secondo il quale si legge poco e si scrive troppo. Invece io incoraggio tutti a scrivere, perché si tratta di un piacere straordinario, e inoltre aiuta a conoscere meglio sé stessi e gli altri. Certo, c’è l’enorme difficoltà a essere pubblicati: ma questo non deve essere lo scopo dello scrivere. Lo scopo deve essere quello di liberare la propria fantasia, di migliorarsi, di lasciare una traccia di sé.
Quanto ai consigli pratici, uno solo: se si decide di cominciare a scrivere, occorre poi proseguire con costanza. “Nulla dies sine linea“, come diceva Plinio. Bisogna restare immersi nell’atmosfera della propria storia, e soprattutto restare accanto ai propri personaggi."
7. C’è un elemento in particolare che spicca fin dal principio della storia, a partire dal titolo stesso…perché proprio il venerdì? C’è un motivo preciso legato alla scelta di questo giorno?
"Il Venerdì è il giorno della Morte, secondo le Scritture cristiane; ma nella nuova tradizione imposta dalla nostra organizzazione sociale è divenuto anche il giorno della speranza, perchè introduce all’agognato fine settimana. Se oggi Leopardi dovesse riscrivere la sua poesia, dovrebbe intitolarla “Il Venerdì del Villaggio“ ! Quel giorno è insomma il giorno del dolore, ma anche della speranza, e quindi rappresenta meglio di qualunque altro cos’è in fondo la nostra vita."
8. Uno dei fattori che mi portano a scegliere frequentemente romanzi scritti da autori italiani, è la possibilità che viene data al lettore di scoprire volti e caratteristiche, ignoti ai più, delle città e dei luoghi dove le storie vengono ambientate: la scelta di fornire uno spaccato crudele e “socialmente marcio” della sua Roma ha uno scopo preciso?
"Roma è effettivamente una città crudele, perchè è l’unica al mondo che sia stata ininterrottamente sede del potere da oltre 2500 anni. Inoltre Roma è crudele perchè è impregnata da simboli di dolore e di supplizio che sono così fortemente legati alla religione cattolica. E Roma è sempre stata anche una città marcia; è un’illusione ottica pensare che la corruzione sia arrivata con la politica del dopoguerra. Ora, almeno, ci sono (talvolta) i contrappesi della stampa libera e della magistratura. Nel romanzo hanno un ruolo importante anche le periferie romane: insieme bruttissime e bellissime, perchè sono le uniche al mondo nobilitate dall’archeologia. Esse hanno una solennità che non ha nessun’altra periferia al mondo. Non a caso Pasolini scelse Bach come colonna sonora di “Accattone“."
9. So che questa domanda esulerà dal tema principe dell’intervista ma ho saputo che è un cultore dell’enigmistica, lo sono anche io! Chi le ha trasmesso questa passione?
"Non saprei dirlo con certezza. Forse un numero della Settimana enigmistica lasciato in giro da qualche adulto durante le vacanze al mare, quando ero bambino. E anche il fascino di alcuni rebus, struggenti testimonianze di una Italia provinciale e rurale che non c’è più, e a volte veri capolavori del surrealismo."
10. Ci può svelare qualcosa dei suoi progetti futuri? Sta già lavorando ad una nuova storia?
"Sto scrivendo un altro noir. Sempre ambientato a Roma. Stavolta ci sono di mezzo degli ex compagni di scuola, e i sentimenti indistruttibili che si formano in quegli anni lontani. Ho finito anche una storia più breve, che parte dalle strane visite alla stazione di un ometto misterioso. Perché sono gli individui apparentemente anonimi quelli che mi affascinano di più."
Ringrazio ancora Stefano Brusadelli per le bellissime risposte e Libri Mondadori per avermi dato la possibilità di ottenerle <3
Rimanete all'erta, sono in cantiere altre novità ;)
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