giovedì 10 giugno 2021

"Di luce propria" di Raffaella Romagnoli ed. Mondadori | Un viaggio nel passato per comprendere il presente

Buonasera a tutti voi, che con affetto e trasporto accettate sempre i miei inviti alla lettura.

Questa sera ci incontriamo virtualmente per parlare di un romanzo uscito di recente per Mondadori, che ringrazio per la possibilità di lettura del romanzo.

«Me. Scegli me.» In fila con gli altri, Antonio Casagrande sa che la sua preghiera muta non troverà ascolto. Scelgono sempre qualcun altro. È stato così per gli undici anni che ha trascorso al Pammatone, l'orfanotrofio genovese che lo ha accolto appena venuto al mondo, il 13 giugno 1855. E non c'è dubbio che sia per quella pupilla color perla. Chi vorrebbe un bambino difettoso? Invece un bel giorno succede. «Lui» indica l'omone grondante di pioggia che gli sta davanti. Gli serve un apprendista, poche storie. Nella bottega di Alessandro Pavia, Antonio impara quel che gli servirà a stare al mondo: la magia dell'alfabeto, la passionaccia per la politica, l'amore per la giustizia e soprattutto la nuovissima arte della fotografia. Misture alchemiche, carta albuminata e la luce, la cosa più importante. Il resto glielo spiega madama Carmen, tenutaria di bordello con il cuore spezzato e un gran talento per gli affari. Sono tempi decisivi, quelli, e anche Pavia ha una missione: la folle, visionaria impresa di ritrarre uno per uno i Mille che con Garibaldi fecero l'Italia. A Borgo di Dentro, un pugno di case sulle colline piemontesi, ne ha scovati addirittura quattro. Proprio lì, in un giorno di festa, Antonio scopre il suo potere: liberato dalla benda, potenziato dall'obiettivo della macchina fotografica, l'occhio cieco vede ciò che nessuno può vedere, il destino, l'ineluttabile. È un dono, forse. Secondo Antonio, una maledizione. Sullo sfondo, l'Italia è appena nata e l'orfano del Pammatone si fa uomo attraversando i momenti che trasformano un paese straccione e inconsapevole in una nazione. In mezzo a una folla in rivolta per il pane, Caterina, libera e coraggiosa, lo prende per mano e lo aiuta a capire, mentre le sue visioni si fanno sempre più caotiche e terribili. L'occhio cieco nel mirino, Antonio vede ciò che nessuno vorrebbe vedere, il fango delle trincee nello sguardo dei giovani che inneggiano alla guerra, la fine di chi amiamo. Feroce e implacabile, la morte non smette di sfidarlo. Finché Antonio Casagrande raccoglie la sfida. Con la sua immaginazione potente e una scrittura capace di accogliere il tumulto della realtà, Raffaella Romagnolo ci regala un romanzo civile e intimo al tempo stesso, che assorbe tutti i colori del mondo e ne restituisce la luce.
 

Leggere gli autori italiani innesca nella mia anima di lettrice un entusiasmo cieco, basato sulla curiosità e sulla voglia di scoprire nuove voci a me vicine, che sappiano raccontare la realtà in cui vivo in modo da farmela conoscere e riconoscere. Quando però le storie narrate sono ambientate in un'epoca differente da quella attuale, hanno una responsabilità in più, quella di raccontare abitudini, avvenimenti e personaggi lontani, permettendo al lettore di entrarci comunque in sintonia. Questo è esattamente ciò che ha fatto Raffaella Romagnolo con "Di luce propria", opera in cui ha deciso di indagare nella storia e nell'animo di un artista realmente esistito, nel periodo storico in cui è vissuto, delineando anche un ritratto sociale di un Paese che è capace di essere così tanto croce quanto delizia, al contempo.

Antonio Casagrande, quando ancora ignorava chi sarebbe diventato, si è scontrato presto con la parte più ruvida e oscura della vita: la sua infanzia è stata costellata di solitudine e disagi fisici, la sua è stata un'esistenza all'insegna dell'abbandono...finché la fortuna non ha deciso di passargli accanto, donandogli una spinta verso la più grande occasione che potesse immaginare. Ho apprezzato molto il modo dell'autrice di creare un parallelismo tra la vita del protagonista e quella dell'Italia, quasi come se fossero entrambi personaggi attivi e cooperanti del romanzo: mentre Antonio approccia il mondo della politica, della storia e si affaccia sul mondo della fotografia, l'Italia compie gli importanti passi che la porteranno alla grande unificazione.

La profonda umanità che traspare dalle parole scritte della Romagnolo si percepisce per tutto l'arco della lettura, e comincia a palesarsi proprio quando viene fatto presente che, forse, potrebbe non essere così assurdo che un ragazzino che non vede da un occhio abbia l'incredibile capacità di guardare oltre, la stessa capacità che lo porterà a diventare un grande artista. Questa riflessione mi ha portata poi a pensare, come penso fosse voluto, a come e a quanto possano cambiare le percezioni nell'arco degli anni, con il susseguirsi delle epoche storiche: come identifichiamo oggi la fotografia? Il valore che viene attribuito a questa forma d'arte è il medesimo, si è modificato?

Io non sono sufficientemente informata sull'argomento, per quanto mi affascini molto sin da bambina non conosco la sua storia o quella di coloro che l'hanno praticata per tutta la vita, ma la fotografia è sicuramente la terza grande protagonista del romanzo, così impercettibile a volte ma detentrice di un potere inimmaginabile. 

Di un grande potere è dotata senza dubbio anche l'autrice, che è stata capace di realizzare un'opera che mi sento di definire inappellabile dal punto di vista tecnico, come da quello emotivo (sempre che si possa esprimere un parere oggettivo sulle emozioni...): lo stile di scrittura che vi accompagnerà alla scoperta di questa meravigliosa storia è traboccante di sapere, colto e raffinato, senza però risultare mai eccessivo, mai ridondante e, per di più, riesce perfettamente nell'intento principe di tutti coloro che mischiano fiction e storie vere: permette al lettore di perdersi. 

Per quanto possa rendermi conto di aver appena concluso una delle mie recensioni trainate dal mood filosofico che, ogni tanto, si impossessa di me, spero davvero vogliate dare un'opportunità a questa splendida autrice italiana e a ciò che ha desiderato raccontarci, sono sicura che non ve ne pentirete.

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