mercoledì 17 gennaio 2018

Recensione "Viviane Élisabeth Fauville" di Julia Deck

Buongiorno Amici dei Libri e buon mercoledì!

Il libro di cui chiacchiereremo oggi attendeva da qualche tempo sullo scaffale della mia libreria e mi sono decisa a leggerlo qualche giorno fa grazie alla dolcissima Imma, una nuova amica lettrice, che trovate su Instagram come amy_bisk <3

Viviane Elisabeth Fauville | Julia Deck | Adelphi, Fabula | 2014 | 129 pagine | Brossura | 15,00€



Trama: In una stanza disperatamente vuota una donna culla su una sedia a dondolo una bambina di pochi mesi. Ha l'impressione di avere commesso qualcosa di terribile, ma non ne è certa, tutti i suoi ricordi sono sfocati. Contempla la piccola quasi si aspettasse da lei una risposta, una rivelazione. Poi, un bagliore: ha quarantadue anni e ha abbandonato il bel marito che la tradiva, la sua casa, una vita invidiabile per rintanarsi lì, in un appartamento spoglio, in un quartiere popolato di bazar orientali dov'è una straniera. Il giorno prima ha ucciso a coltellate il suo analista, incapace di alleviare le crisi di terrore di cui soffre, in segreto, da tre anni.

Di quel che è stata ambiziosa direttrice della comunicazione con ufficio sugli Champs-Elysées, moglie e figlia devota, non le resta che un nome, Viviane Élisabeth Fauville, regale e fragile relitto di un'esistenza inappuntabile, della scrupolosa obbedienza alle leggi dell'abitudine e della necessità. Certa solo del delitto che ha commesso, e del colpo di grazia che non potrà tardare, per tutti minacciosa e impenetrabile, ancorata alla realtà solo dall'ingombrante presenza della figlia, Viviane esce dai binari che guidavano il suo destino, si addentra in una Parigi oscura e parallela, affonda, e ci trascina, in un gorgo di insostenibile angoscia, di acuto disagio sino all'esplosivo epilogo.

Sono una vera appassionata di storie che prevedano il coinvolgimento di tematiche relative alla psichiatria e ai casi clinici; per questo motivo il breve romanzo della Deck non ha tardato ad attirare la mia attenzione, catturandomi all'interno delle sue 130 pagine. 

La prima caratteristica peculiare evidente fin dall'inizio della lettura è la decisione dell'autrice di narrare la vicenda sia in seconda persona, che in terza che, in rari casi, in prima: ciò contribuisce a trasmettere un vado senso di disorientamento al lettore, a parer mio volutamente. Ho apprezzato particolarmente questo espediente, trovandolo originale e sentendomi totalmente sotto il suo effetto, per tutto il corso della lettura. 

Ciò che ci accingiamo a leggere è disturbante, affianchiamo una protagonista sofferente e confusa che, ulteriormente appesantita dalla responsabilità nei confronti di sua figlia appena nata, si trova ad affrontare quello che sarà certamente il periodo più complicato della sua intera vita, che avrà inizio con il faticoso divorzio dal marito. 

In quanto donna, non mi è stato difficile empatizzare con Vivane, e sentirmi particolarmente vicina alla sua difficile situazione. Proseguendo nella lettura, però, ho alternato momenti di perplessità a altri completamente invasi dalla immensa tristezza che mi ha trasmesso la scrittura della Deck. 

Purtroppo il finale mi ha lasciata con non pochi interrogativi, relativamente a quella che potrei definire la "risoluzione" della vicenda, di cui mi riesce difficile parlare senza rischiare di fare spoiler. Vi basti sapere che la morale della storia credo non voglia essere improntata sulla logica quanto sull'umanità degli individui. 

Nel complesso trovo sia un ottimo esempio di romanzo che abbia una protagonista forte, coraggiosa e che non si dà mai per vinta, spinta di sicuro dalla propria indole ma oltremodo dall'immenso amore che prova per la sua bambina. 

Consiglio questa lettura a chi ama l'introspezione psicologica e non disdegna guardare in faccia la follia, rendendosi disponibile anche all'eventualità di riconsiderare la propria opinione nei confronti della follia. 

#permeèsì



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