mercoledì 20 luglio 2022

"Fiore di cadavere" di Anne Mette Hancock | Giunti Editore | Review Party

Buon rovente mercoledì a tutti voi e bentornati!

Iniziamo questa "giornata del cammello" chiacchierando di un gran bel thriller, uscito da pochissimo, che ho avuto la possibilità di leggere grazie a Giunti Editore, che ringrazio per la copia digitale fornita, e Chiara del blog Libri e Segreti.


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La giornalista danese Heloise Kaldan è nel mezzo di una delicata crisi lavorativa quando riceve la prima di una serie di misteriose lettere. La mittente è Anna Kiel, un’assassina ricercata ormai da tre anni, che è scappata dopo aver brutalmente ucciso un uomo. I messaggi contengono informazioni private sulla vita di Heloise, cose che appartengono a un passato che si è da molto lasciata alle spalle. La polizia, nella persona dell’ispettore Erik Schäfer, è costretta a riaprire il caso, ma Heloise dopo tutto è una giornalista, è nel suo DNA scoprire la verità e si mette così sulle tracce dei parenti della vittima, dell’assassina, di qualsiasi persona che possa fornire dettagli utili. Mentre le lettere continuano ad arrivare e il cronista che si era occupato della vicenda viene trovato morto, Schäfer non sa se possa davvero fidarsi di Heloise. Che cosa vuole Anna da lei? Che cosa unisce queste due donne così diverse? 
Con una storia avvincente, personaggi indimenticabili e una trama che fa girare le pagine, Fiore di cadavere è il primo thriller della serie bestseller danese che sta conquistando il mondo. Quando il passato è una ferita aperta, farsi vendetta a volte è l’unico modo per guardare al futuro.

°°°

La premessa con cui vorrei iniziare è tra le più comuni: avevo grandi aspettative per questo romanzo. Da diverso tempo sentivo una forte nostalgia dei thriller psicologici ben costruiti, quelli capaci di tenermi incollata alle pagine e, soprattutto, di sorprendermi, e chi ne legge tanti come me sa quanto diventi difficile con il passare del tempo.

Ho capito che io e "Fiore di cadavere" saremmo andati d'accordo fin dalle prime pagine, quando ho cominciato ad entrare in sintonia con lo stile dell'autrice, che è stata molto brava a farmi percepire le vibrazioni danesi a me note e che tanto amo: tra i luoghi in cui si sviluppa la vicenda, si attraversano luoghi in Danimarca che ho avuto la fortuna di visitare e per me è stato entusiasmante poter immaginare con dovizia di particolari quello che stavano osservando i personaggi del romanzo.

Finalmente mi sono di nuovo imbattuta in qualcuno che fornisce un contesto approfondito prima di partire con lo sviluppo della storia principale, espediente di cui sono una grande, grandissima fan; non credo di aver mai davvero apprezzato un romanzo privo di presentazioni, di contestualizzazione del momento in cui il lettore si inserisce. La Hancock mi ha presa per mano e, rivelandomi dettagli e aneddoti molto ben calibrati, mi ha introdotta nel modo giusto alla dinamica, facendomi appassionare e presentandomi i personaggi quasi fossero persone reali.

Ed è proprio in relazione ai personaggi che arriviamo ad un altro elemento che ho davvero apprezzato, quello che mi sento di definire da standing ovation, ovvero la scelta dell'autrice di non inserire una "classica" componente romantica che si intrecciasse alla storia, che nascesse in concomitanza dello sviluppo degli eventi; con questo non intendo demonizzare chi lo fa ma l'assenza di questo cliché ha fatto gran parte del lavoro relativo all'effetto sorpresa!

L'attenzione è concentrata, dall'inizio alla fine, sullo sviluppo della trama, sulle relazioni e i legami tra i personaggi (nel presente ma anche nel passato) e sulla risoluzione dei misteri che, mano a mano, sembrano infittirsi invece che districarsi. 

Anche il tema principale attorno a cui ruota l'intero caso viene svelato gradualmente, proprio come, secondo me, è giusto che si faccia in un romanzo di questo genere; al lettore sembra quasi di perdere il focus, ogni tanto, per poi scoprire che anche quella non è altro che un'illusione.

L'unico appunto? Non sono particolarmente soddisfatta del titolo: tralasciando il fatto che, ogni volta che viene citato nel libro, si fa riferimento al "fiore cadavere", senza quindi la congiunzione che è invece presente nel titolo, alla fine sembra forse un po' un pretesto. Come sempre, rimango contraria agli spoiler e non posso quindi scendere in ulteriori dettagli ma, se proprio dovessi trovare il famoso pelo nell'uovo, sarebbe questo.

Finale giusto, ben calibrato, a tratti particolarmente crudo, cosa che come sapete non disdegno: preferisco di gran lungo la drammaticità magari un po' calcata rispetto alla banalizzazione dell'intero libro. 

Sono quindi talmente soddisfatta della lettura che non posso far altro che consigliarvelo caldamente...in tutti i sensi! Penso sia una lettura perfetta per l'estate, per via del suo fortissimo potere intrattenitivo. "Pollici bene bene in alto!" (cit.)

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