Per le chiacchiere letterarie di oggi devo ringraziare Libri Mondadori, che mi ha proposto di leggere la seconda opera narrativa di Massimo Bubola, mia "vecchia" conoscenza per cui nutro un'ampia stima.
Il vecchio Callimaco, giunto alla fine di una vita vissuta nel canto e nella musica, trascorre il suo ultimo giorno circondato dalle tante persone che lo hanno amato, e con loro ripercorre i momenti cruciali della sua vita, tra ricordi, sogni e visioni.
Racconta così di quando, bambino, era il piccolo “servo pastore”, amato e temuto dalla comunità, per il suo indomito spirito di eretica libertà; dialoga, in sogno, con la figlia Teresa dagli occhi secchi, che per amore dal mare di Rimini finisce a morire nell’Argentina delle torture e della dittatura; si diverte a ricordare la filastrocca di Volta la carta, e si commuove nel ricordo degli amici nativi americani che gli raccontarono la strage del Fiume Sand Creek… E poi ancora, Callimaco rievoca Il cielo d’Irlanda, l’Hotel Supramonte e tanti altri luoghi e immagini che – attraverso le canzoni – sono entrati nell’immaginario collettivo degli italiani.
Quella di Bubola è una grande operazione letteraria, destinata a lasciare un segno profondo nella storia della cultura contemporanea: le sue canzoni tornano qui in un’altra forma, quella della prosa d’arte, e rivivono, arricchite di nuove suggestioni, nuove sfaccettature, nuova luce.
Per la seconda volta, ho avuto l'opportunità di perdermi tra le parole melodiche di Massimo Bubola, musicista e autore musicale che ha lavorato con le più grandi personalità del cantautorato italiano. Il suo primo romanzo, "Ballata senza nome", ha colpito il mio cuore come una tempesta improvvisa, scatenando in me mille sensazioni diverse, rimanendomi così impresso da scavarsi un posticino tra le mie letture preferite di sempre. In quell'occasione ho avuto la fortuna di intervistare l'autore, che ha risposto alle mie domande e curiosità: qui potete leggere cosa mi ha raccontato.
Con questo secondo romanzo, la stretta connessione che lega Bubola all'amore della sua vita, la musica, è messa ancora più in risalto e il suo compito è quello di dare vita ad una "messa in scena" completa e poliedrica; affidando il ruolo di voce narrante ad un uomo anziano e in punto di morte, l'autore è riuscito a creare un flusso emozionale composto da ricordi, racconti, leggende e composizioni sonore, che racconta in un solo giorno la grandezza di una vita intera.
È stato meraviglioso ritrovare stralci di canzoni intramontabili e rievocare i miei stessi ricordi legati, ad esempio, al grandissimo Fabrizio De André, protagonista di tanti racconti che mia madre e mio padre mi hanno sempre regalato da quando ero una bambina.
Come accennato all'inizio, l'emblema assoluto dello stile di scrittura (narrativo) di Bubola è indubbiamente la musicalità, che dona ai suoi racconti un segno distintivo che lo rende riconoscibile sin dalle prime righe. Consiglio vivamente, a chi decida di affrontare la lettura, di lasciarsi accompagnare dalle note delle canzoni che vengono citate, così da poter provare un'esperienza davvero unica.
In ultimo ma non certo per importanza, ci tengo a porre l'attenzione sulle scelte che sono state fatte sulla costruzione dei personaggi: il senso di familiarità che si percepisce è mischiato ad un'atmosfera di altri tempi, tempi in cui i legami venivano vissuti in modo molto più naturale rispetto ad ora, e il risultato che si ottiene garantisce ulteriore peculiarità all'opera, che si inserisce così tra gli esercizi narrativi più originali in cui mi sia imbattuta. E che dire della potenza del titolo? Trovo che, oltre a far riferimento alla colonna portante di tutta la storia, abbia una capacità comunicativa impossibile da trascurare.
Consiglio a tutti la lettura di questa poetica favola, con maggiore intensità verso chi ama in senso stretto le tradizioni della musica italiana.
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